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Oplontis

Nell’area occupata dalla moderna città di Torre Annunziata sorgeva un tempo l’antica Oplontis. La località fu segnalata per la prima volta nella Tabula Peutingeriana, una striscia di pergamena lunga circa sette metri e larga trenta centimetri utilizzata come mappa dell’Impero Romano che evidenziava la rete viaria dell’epoca, la posizione delle città e delle località di maggiore interesse.

Oplontis era situata nella parte estrema dell’agro pompeiano, tra le città di Ercolano e Pompei ma la presenza di sorgenti termali, il ritrovamento di sontuose ville e la mancanza di un tessuto urbanistico inducono a ritenere che più che una città, fosse un complesso termo-balneare e una località di soggiorno per ricchi proprietari. Il toponimo, infatti, potrebbe derivare dal termine Ad Opulentos oppure da Ob Fontis.

Oplontis fu distrutta dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. e ad oggi i maggiori ritrovamenti archeologici sono costituiti da due edifici monumentali: la cosiddetta Villa di Poppea (Patrimonio dell’Umanità) e la Villa di Lucius Crassius Tertius configurato come un Horreum ovvero un edificio utilizzato come abitazione privata e nel contempo come sede di attività commerciali e produttive in particolare di vino ed olio.

Gli scavi sistematici della villa cominciarono nel 1964 e sono stati condotti con criteri moderni permettendo la progressiva ricostruzione degli alzati e dei tetti nonché il restauro di pitture e pavimenti.

La cd Villa di Poppea edificata nella metà del I secolo a.C. è considerata la più vasta villa suburbana di età romana finora conosciuta ed è ornata da splendide decorazioni pittoriche e numerose sculture. L’ampiezza e la presenza di vasti giardini delimitati da maestosi porticati le conferivano un aspetto signorile ed elegante.

L’edificio, costruito su una scogliera a picco sul mare, rappresenta il più classico esempio di “villa di otium” ed è famosa per le splendide pitture parietali e le scelte stilistiche che rivelano l’alto livello tecnico raggiunto dalle maestranze dell’epoca. Inoltre, è l’unica tra tutte le ville vesuviane che consente di ricostruire la composizione dei giardini interni, dei luoghi di riposo e di meditazione che rivestivano un ruolo di grande importanza nella vita dell’aristocrazia romana.

La villa è detta di Poppea con chiaro riferimento a Poppea Sabina, seconda moglie di Nerone, grazie al ritrovamento di un’iscrizione su un’anfora che riporta il nome di un suo liberto – procuratore e di un bollo laterizio rinvenuto su un dolium (grande contenitore di terracotta di derrate alimentari) prodotto nelle fabbriche possedute dall’Imperatrice nella zona.

Le sale sono caratterizzate da un elegante gusto scenografico con architetture dipinte in prospettiva, l’esibizione di lunghi colonnati che mirano a dilatare le pareti e il frequente ricorso a motivi ornamentali come pavoni, maschere teatrali, cesti di frutta e nature morte.

Il grande Atrio della villa è arricchito da pareti decorate con splendidi motivi coreografici appartenenti al II stile e presenta un impluvium (la vasca destinata alla raccolta di acqua piovana) interamente pavimentato a mosaico. Forse l’intero apparato decorativo ha un carattere celebrativo di imprese belliche al quale va aggiunto un valore sacrale perché sono presenti anche oggetti legati ad atti rituali e liturgici.

L’Impianto Termale è costituito dai tipici ambienti del calidarium (sala da bagno riscaldata con aria calda) e del tepidarium (ambiente riscaldato con aria tiepida) con la presenza delle tegulae mammatae e di suspensurae, accorgimenti che consentivano il passaggio dell’aria calda o tiepida lungo le pareti e sotto il pavimento in modo che il calore della stanza fosse costante.

Nel Triclinio (la  sala da pranzo) di particolare interesse è il motivo decorativo costituito da uccelli variopinti, sfingi, tralci di vite e nature morte tra le quali spicca un cestino contenente fichi dallo straordinario effetto realistico. Ogni triclinio comprendeva tre letti disposti ad ‘U’ su ciascuno dei quali prendevano posto tre convitati che mangiavano sdraiati appoggiandosi sul gomito sinistro. Il posto riservato all’ospite d’onore era generalmente nel letto centrale mentre il padrone di casa sedeva sul letto di sinistra. Le cene erano allietate da letture e recitazioni e da esibizioni di cantanti, suonatori e ballerini.

La Cucina è il più importante tra gli ambienti di servizio e contiene un ampio bancone in muratura con ripiano rivestito da mattoni e piccoli vani destinati a contenere la riserva di legna, mentre nel pavimento vi è una vasca circolare utilizzata per lo scarico dei materiali liquidi.

Il Primo Salone, per dimensioni e decorazioni, testimonia alla perfezione il lusso e la maestosità della villa.  Posto in posizione panoramica e utilizzato come sala da pranzo ha una decorazione pittorica con un eccezionale realismo illusionistico reso mediante la raffigurazione di un santuario di Apollo e alcuni particolari di grande finezza tra i quali spiccano pavoni e maschere teatrali.

Gli affreschi del Secondo Salone si distinguono per i particolari che stemperano la severità dell’impianto decorativo: un cestino di frutta coperto da un sottilissimo velo, una coppa di vetro trasparente contenente melograni, un ripiano sul quale poggia una specie di torta, un bell’esempio di maschera teatrale che ricorda la tradizione ellenistica.

Il settore interessato dall’ultimo ampliamento della villa è incentrato sulla piscina, una grandissima vasca destinata alle attività sportive e alla cura del corpo. Era circondata da una rigogliosa vegetazione naturale e abbellita da una ricca decorazione scultorea tra cui spiccavano le statue di Satiro con Ermafrodito, di Herakle, Efebo, Nike e un’Amazzone. Sul porticato si aprono gli Hospitalia, gli ambienti destinati agli ospiti che soggiornavano in questa residenza di lusso.

La villa è inoltre caratterizzata dalla presenza di Viridaria, piccoli giardini interni scoperti sulle cui pareti sono ben visibili decorazioni pittoriche con elementi vegetali, uccelli o manufatti tipici come le vasche di fontana.Da quelle stanze raffinate e lussuose arrivano opere uniche di tutto il mondo romano come il Puttino con l’oca, una statua in marmo bianco parte di una fontana databile al I secolo d.C. e il gruppo dei Centauri, quattro statuette in marmo che fungevano da fontane.

Nel 1974 vennero alla luce i resti di un altro edificio la cd villa B o di L. Crassius Tertius ma gli scavi di questo complesso non sono ancora conclusi anche per gli impedimenti dovuti al contesto urbano moderno. In grandi ambienti che forse fungevano da magazzini, decine di persone in fuga furono sorprese dall’eruzione. Molti indossavano gioielli come orecchini, collane, anelli e braccialetti; altri stringevano tra le mani sacchetti con preziosi e monete; una piccola borsa di cuoio rinvenuta nell’ambiente conteneva altri monili.

In un altro locale della casa è stato ritrovato un vero tesoro composto di 170 monete d’oro, gioielli, unguentari, ceramiche, utensili da cucina e strumenti legati alla toeletta. Unguenti e balsami erano prodotti con materie prime di migliore qualità come il patchouli importato dall’India e il limone all’epoca ritenuto un frutto esotico.

Famosi per la bellezza e l’integrità sono gli Ori di Oplontis tra i quali troviamo gran parte dei modelli più diffusi dell’oreficeria romana della prima età imperiale: orecchini in oro con gemme, bracciali in argento e oro e svariati tipi di anelli. In generale si tratta di pezzi di estrema semplicità ma di grande effetto, probabilmente di costo non troppo elevato e quindi accessibili a classi di tipo medio alto.

 

 

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