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Il Presepe Napoletano

Il Presepe Napoletano

Il presepe è retaggio culturale di riti antichi e miti perduti nel tempo; è allo stesso tempo elemento simbolico in quanto ricco di significati e valori espressi sotto forma allegorica. Ed infine è sinonimo di tradizione poiché rappresenta temi, motivi e credenze presenti nell’immaginario popolare.

Il presepe assume, dunque, valore e significati, fotografa la quotidianità, diventa rappresentazione teatrale e racconto di un piccolo universo che racchiude devozione, folclore e ritualità.

Uno dei primi presepi allestiti a Napoli risale al 1478 e fu opera dei fratelli Alemanno ideato per la chiesa di San Giovanni a Carbonara. Alcune delle figure di legno superstiti sono ospitate nella Certosa di San Martino e tra queste è riconoscibile la Sibilla Cumana nelle vesti di Profetessa.

Nel 1532 Domenico Impicciati introdusse un’importante novità costruendo il primo presepe in terracotta. Nel ‘600 il presepe guadagnò in teatralità grazie all’intuizione di Michele Perrotta che diede alle statuine un corpo flessibile utilizzando del fil di ferro avvolto nella stoppa per costruire il busto.

Nel ‘700 il presepe entrò per la prima volta nelle abitazioni private dando vita al cosiddetto Presepe Cortese lasciando la connotazione più profondamente mistica per assumere un tono più mondano, disincantato e laico. Iniziò una vera e propria gara per ingaggiare i migliori artisti ed esporre i presepi più belli rendendo, di fatto, il Settecento, il secolo d’oro del Presepe Napoletano.

Anni che portarono alla nascita di un nuovo tipo di artista, il figuraro, cioè il creatore di statuette. La vera personalità di questa nuova figura artistica si rivelò nella creazione di personaggi umili quali pastori, contadini o popolani, sviluppando così un nuovo linguaggio artistico e coniando termini (Accademia, Mezzaccademia, Moschelle, Finimenti ecc…) che ancora oggi sono utilizzati per indicare le varie tipologie di pastori.

Agli inizi dell’Ottocento il presepe napoletano cambiò ancora una volta i connotati pur mantenendo intatta la tradizione. Nacque così il Presepe Popolare la cui composizione riprendeva l’orografia della città di Napoli e del paesaggio circostante. I vicoli, le piazze, i gradoni e i nuovi pastori che raffiguravano ogni sorta di mestiere, occuparono la nuova scena che iniziò a crescere su se stessa così com’era accaduto nella realtà per la città storica.

In un luogo così ricco di leggende e tradizioni la nascita divina di ‘O piccirillo diventò simbolo di una plebe che vedeva nella fede un riscatto alla propria condizione. Il presepe divenne dunque un documentario della vita popolare e Napoli si riflette nel presepe in maniera inequivocabile. L’identificazione è tale che compare il Campanile della Chiesa del Carmine o l’orologio di Sant’Eligio, la Certosa e il Castel Sant’Elmo. Insomma il presepe da quel momento diventa la pagina del vangelo tradotta in lingua napoletana.

La Certosa di San Martino ospita una delle sezioni presepiali più importanti di Napoli, dove si possono ammirare i presepi di famosi collezionisti come i Perrone, i Ricciardi, i Sartorius alcuni dei quali esposti ancora nell splendide scarabattole ovvero le caratteristiche campane di vetro con le scene tipiche della Natività molto in voga nel Settecento.

Il più famoso dell’intera collezione è il Presepe Cuciniello, chiamato ‘O Presebbio d’o’ prevet, composto di circa 300 pezzi e donato al Museo della Certosa nel 1877. Per costruirlo Michele Cuciniello si avvalse della collaborazione di vari artisti tra i quali F. Niccolini autore dello spettacolare sistema di illuminazione

Osservarlo con attenzione consente di riavvolgere il nastro fino alle origini e ricordare i momenti salienti che hanno segnato l’evoluzione artistica e culturale del presepe napoletano.

Lo Scoglio cioè l’insieme scenografico che costituisce il presepe è diviso in tre sequenze narrative:

La Nascita che, posta al centro e leggermente sopraelevata, domina l’intera scena. E’ ricca di personaggi allegorici come la zingara simbolo di divinazione profetica e di maternità pellegrina come Maria, la lavandaia che rinvia ai concetti di purificazione e rinascita, il pescatore immagine di vita, la multietnica banda dei musici simbolo delle ambasciate orientali giunte a Napoli capitale del Regno, e molti altri.

Ovviamente un ruolo di primo piano spetta ai Re Magi che si distinguono per sapienza e conoscenze. Secondo la tradizione i Magi rappresentano i tre continenti allora conosciuti e incarnano il viaggio notturno della stella cometa che termina laddove, si congiunge con la nascita del “nuovo Sole bambino”.

L’Annuncio, ovvero il regno dei pastori simbolo di vita giusta in perfetta armonia con la natura.

La Taverna affollata di personaggi negativi. Richiamo dei beni terreni e delle tentazioni umane, dove la merce esposta può saziare la fame fisiologica ma non certo quella spirituale. E poi c’è l’oste, colui che rifiutò l’ospitalità a Maria e Giuseppe e li costrinse a rifugiare in una stalla

Vi sono poi alcuni elementi scenografici molto importanti e simbolici come la fontana che rimanda al concetto di purificazione, il ponte, strumento di passaggio tra il mondo terreno e quello ideale e il pozzo che indica il collegamento tra superficie e sotterraneo, ed è il percorso che compiono le anime dei defunti che tornano sulla terra il 24 dicembre.

Insomma anche nel caso del presepe, grazie all’innato talento partenopeo capace di rielaborare le influenze e le mode che giungono dall’esterno, un elemento della tradizione cristiana acquista un’autonomia creativa e originale. Fino a diventare Arte.

 

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