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Il Decumano Superiore

Il Decumano “dimenticato” che svela lo spirito più intimo della città, un viaggio nella memoria, da percorrere in silenzio in un’atmosfera di sospensione temporale.

In origine denominato la Somma Piazza, fu luogo frequentato e abitato da nobili e letterati che lo preferirono non solo perché lontano dal caos degli altri due decumani, ma anche per la vicinanza agli impianti termali. In epoca greco-romana qui sorgeva il teatro scoperto (in parte ancora oggi visibile) che conteneva migliaia di spettatori e dove si rappresentavano drammi satirici, tragedie e commedie dando grande fama a mimi e danzatori napoletani. E poi vi era l’Odéion, il teatro coperto per gli spettacoli musicali ma utilizzato anche per gare ginniche e conferenze filosofiche.

La passeggiata inizia da Largo Santa Sofia, luogo di un’importante pagina per la storia della città. Qui, infatti, si trovava la piccola bottega di un sarto dalla cui botola sbucarono i soldati aragonesi al seguito di Alfonso il Magnanimo che riuscirono a conquistare la città dopo un lungo assedio fuori dalle mura.

Poco dopo, in uno slargo sulla destra, sorge la Chiesa dei SS. Apostoli. Quel che più affascina è il netto contrasto tra la facciata semplice, quasi anonima, e il sorprendente interno maestoso e ricco d’arte; bellissimi la cupola affrescata con “Il Paradiso” dal Benaschi e l’altare Filomarino disegnato dal Borromini. La storia ci racconta di un luogo importante poiché il primo nucleo della chiesa, risalente al V secolo, fu a sua volta costruito sulle rovine di un tempio pagano dedicato a Mercurio. E soprattutto perché fino al 1800, quella dei S.S. Apostoli, è stata la prima delle otto chiese di turno che celebravano la festa dell’Inghirlandata dove si portavano in processione il busto d’oro e le ampolle del sangue di San Gennaro.

A poca distanza sorge l’imponente edificio di Donnaregina che ospita il Museo Madre. Dell’antico complesso conventuale resta la Chiesa costruita in epoca barocca e la trecentesca Donnaregina Vecchia, rara testimonianza dello stile gotico originario a Napoli ricca di affreschi di scuola giottesca e altre opere d’arte tra le quali il bellissimo sepolcro di Maria d’Ungheria scolpito da Tino di Camaino.

In un angolo di Via Duomo, una bella loggia con scale a doppia rampa, introduce alla Chiesa di San Giuseppe dei Ruffi cdal nome di una famiglie nobile che contribuì alla sua realizzazione. La chiesa contiene uno dei più affascinanti altari presenti in città, capolavoro di Dionisio Lazzari e altre opere di notevole rilievo di Giuseppe Sammartino e Luca Giordano.

Lungo il tratto del Decumano denominato Via Anticaglia sono ancora visibili due arcate di rinforzo della cavea dell’antico teatro greco-romano la cui forma è percepibile nell’andamento curvilineo della strada. Questi luoghi son così descritti da B. Capasso: “ Quelle muraglie sono i ruderi che ricordano l’antica città, gemma d’Italia, occhio della Campania, il primo centro della cultura ellenica in Italia meridionale.”.

In un piccolo largo, una volta chiamato Capo de Trio, s’incontra la Chiesa di Santa Maria di Regina Coeli. Il monastero fu uno dei più ricchi e preziosi di Napoli, ospitando suore appartenenti a famiglie nobili che con le loro donazioni contribuirono alla realizzazione di numerose opere d’arte.

Lungo la stradina si affacciano botteghe che appaiono come cartoline che emergono dal passato: antiquari, qualche bottega di falegnam, una piccola legatoria con annessa esposizione di macchinari antichi. L’attenzione però cade su uno di quei luoghi non ben definibili, a metà tra una bottega e un luogo mistico. Libero ingresso, luci soffuse, un grande presepe al centro della scena e tutto vi ruota intorno. Ovunque foglietti con frasi inneggianti ora all’amore universale, ora alla misericordia, ora alla Madonna o ancora alla buona sorte e alla crianza. Un’icona di una Napoli sempre in bilico tra cristianità e paganesimo.

Scendendo lungo l’antico cardine di Vico Sole (in onore del dio Apollo), si giunge a Sant’Aniello a Caponapoli sul punto più alto di Neapolis, sede dell’Acropoli della città greca con i templi dedicati a Demetra, Apollo e Diana, punto di arrivo di processioni e teatro di sacrifici. Dalla Chiesa di Sant’Aniello proviene, tra l’altro, la grande testa chiamata “Marianna ‘a Capa ‘e Napule” che il popolo ha sempre identificato con la sirena Partenope.

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